Con una app e una Mela la Federico II sta cambiando Napoli
La foto di apertura non è della Academy Apple, ma del take away di fronte in via Protopisani, a San Giovanni a Teduccio, periferia est di Napoli: è uno degli effetti determinati dalla Mela al di fuori delle mura universitarie.
Mentre la vicepresidente di Apple Liza Jackson parlava ai primi 100 diplomati sviluppatori di app del futuro della iOS Academy di Napoli, dei nuovi locali che si inaugureranno a ottobre, degli allievi che nel campus diventeranno 1000, mi sono venute in mente le polemiche scatenate prima che l'Accademia partisse: sono corsi e non assunzioni, ecco le false promesse fatte a Napoli dalla Apple, da Renzi, o da chissà chi altro. Ecco, semplicemente, senza giudicare chi si è perso in discussioni di così irrilevante spessore, avrei voluto che quelle persone avessero assistito oggi, fisicamente, guardando con i propri occhi e ascoltando con le proprie orecchie, cosa sta cambiando e come può e deve ancora cambiare, non solo Napoli, ma la realtà italiana e prima ancora la sua mentalità.
Generalmente quello che all'americana oggi è stato definito Graduation day, è un momento in cui la felicità dell'obiettivo raggiunto del titolo di studio, viene esaltata, quasi ad esorcizzare la nebulosità del percorso futuro nelle incertezze del mondo lavorativo.
La vera profonda differenza di quanto sta avvenendo a San Giovanni a Teduccio, in seno all'università statale più antica al mondo, la Federico II di Napoli, è esattamente questa. Un fine corso, un giorno dei diplomi, un Graduation day pieno di entusiasmo perché quei 100 ragazzi che parlano un linguaggio ormai universale, a Napoli come a Cupertino, sono già contesi dalle aziende che vogliono assumerli, sono già contagiati dalla voglia di organizzarsi autonomamente per mettere in piedi delle start-up che sviluppino applicazioni.
Il bello è che per una volta non si parla di quello che dovrebbe succedere, ma di quello che sta già accadendo. Stiamo tornando fucina di talenti, di professionalità pronte a misurarsi sui mercati, di cervelli che imparano come trasformare l'inventiva, le idee, in strumenti immateriali - le app - pronti a migliorare la nostra vita quotidiana. Per alcuni dei diplomati, quelli che vorranno giocare la carta del mettersi in proprio, Bagnoli apre già le sue braccia con un incubatore, a Città della Scienza, dal nome significativo: Campania New Steel, nuovo acciaio, nato ai margini di quella ex acciaieria e di quella splendida baia che uomini e politica in trent'anni non sono ancora riusciti a cambiare. Ci sta riuscendo l'Università, nei due poli più discussi e difficili della città, San Giovanni a Teduccio a est facendo sorgere la più innovativa delle iniziative sulle rovine di quella che fu la fabbrica Cirio, e a ovest, a Bagnoli, dove le pastoie della burocrazia, l'avidità di cattivi imprenditori e l'incapacità dei politici possono oggi solo applaudire al sapere: è la Federico II, la bella notizia è proprio questa, che sta cambiando Napoli scrivendo la road map del suo futuro.
Per tutti gli altri il gioco a questo punto è molto più facile: basta seguire l'esempio di cosciente follia di Giorgio Ventre, l'entusiasmo di Edoardo Cosenza e la pacata fiducia che il rettore Gaetano Manfredi riserva ai suoi docenti, con una Regione finalmente lungimirante nel sostenerli, e di tutti quelli che oggi possono ritenersi soddisfatti, ma soprattutto ai quali tutti noi dobbiamo dire grazie: perché grazie al loro incedere senza tentennamenti e senza clamori, Napoli ha già messo basi per il suo futuro. E ci sta costruendo su.
(Enrico Sbandi per E-Press)
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